La maricoltura intensiva

Negli anni ’60 giunge dal Giappone un’innovazione piscicola importante: la gabbia galleggiante.I pesci sono tenuti in cattività in una grande rete a forma di sacca ancorata al fondo e tenuta in superficie da un telaio galleggiante rettangolare o circolare, originariamente in bambù, poi ben presto in plastica. I giapponesi vi ingrassano ricciole e orate. L’idea è esportata in Europa, dove le gabbie galleggianti sono utilizzate in un primo tempo per allevare trote arcobaleno nelle acque riparate dei fiordi norvegesi.

Alla fine degli anni ‘60, le gabbie arrivano al momento giusto per studiare una nuova specie: il salmone atlantico. L’allevamento di detta specie è definito da numerosi anni e produce diversi giovani salmoni o «smolt», ovvero novellame che ha acquisito la facoltà di vivere in ambiente marino. Il passo è quindi rapidamente compiuto per ingrassare questi giovani salmoni in mare, in gabbie galleggianti, fino al raggiungimento di una dimensione adulta. L’allevamento europeo del salmone diventa una delle success stories degli anni ‘70 e ‘80. Il salmone, a causa della sua rarità allo stato selvaggio, era diventato un prodotto di grande lusso. La sua nuova disponibilità a un prezzo ragionevole comporta un successo commerciale senza precedenti, che fa assurgere la maricoltura al rango dei settori di punta in Europa. I fiordi e alcune baie del Mare del Nord e dell’ovest delle isole britanniche si riempiono di aziende, soprattutto in Norvegia e in Scozia.

Questo successo nordico fa presto nuovi adepti. I paesi mediterranei studiano e mettono a punto l’allevamento della spigola e dell’orata. Nel corso degli anni ‘90, il loro allevamento si diffonde in tutto il Mediterraneo e nelle Isole Canarie. Il salmone, la spigola e l’orata restano oggi i prodotti di punta della maricoltura europea, con una diversificazione qualitativa che risponde alla segmentazione del mercato. Ma altre specie fanno a poco a poco la loro comparsa nelle gabbie, come l’ombrina bocca d’oro nel sud e il merluzzo nel nord.

Negli anni ‘90 e 2000 si assiste allo sviluppo di un’altra forma di maricoltura intensiva: quella dei pesci piatti. Le gabbie galleggianti non sono adatte a questi pesci che devono riposare su un suolo sabbioso. Sono quindi le vasche a terra, alimentate con acqua di mare, che permettono lo sviluppo dell’allevamento del rombo in Galizia. I progressi della tecnologia di ricircolo aprono ora nuove prospettive alla maricoltura a terra. Sono studiate nuove specie, come la sogliola, allevata in vasche piatte sovrapposte. Inoltre, la possibilità di controllare i parametri dell’acqua, in particolare la temperatura, consente di scostarsi dagli imperativi climatici. Così, l’allevamento del rombo, della spigola e dell’orata si sposta progressivamente verso il nord dell’Europa.

Ma all’inizio del XXI secolo si presenta una nuova sfida importante per l’acquacoltura. La zona costiera europea è eccessivamente occupata e non offre più terreno d’espansione per l’acquacoltura. La maricoltura deve quindi allontanarsi dalla costa. O nell’entroterra, grazie al ricircolo, con l’inconveniente del costo che rappresenta la ricostituzione artificiale dell’acqua di mare. O verso il largo, lontano dalle zone riparate della costa. La maricoltura al largo è il nuovo terreno di studio dell’acquacoltura europea. Ma le sfide tecnologiche sono enormi. Il Mediterraneo è uno dei mari più profondi del mondo e l’Atlantico nordorientale è una delle zone più ventose e agitate del globo. Per trattenere i pesci devono quindi essere sviluppati nuovi sistemi, come le gabbie immerse, così come per il nutrimento e la sorveglianza a distanza.